TERAMO – (di Alessandro Misson) È proprio lui “il pazzo” disposto ad investire nella Teramo Ambiente, per salvarla dallo stallo in cui naviga da quasi due anni, ma anche da un decennio – di fatto – di gestione sostanzialmente a controllo pubblico. L’ingegnere elettronico Franco Iachini, imprenditore cinquantenne di successo, teramano, sposato e con due figli, un mese e mezzo fa ha depositato un’offerta d’acquisto al Tribunale di Venezia per rilevare il 49% delle quote societarie di Teramo Ambiente, detenute nella pancia del fallimento della società Enertech. Un’offerta che nei prossimi mesi verrà valutata dal curatore fallimentare Marco Basaglia, ma comunque ritenuta credibile e perciò resa pubblica nel corso dell’ultima assemblea dei soci del 30 novembre. Davanti al sindaco D’Alberto, il presidente Bozzelli e l’Ad Pelagatti.
Ha presentato un’offerta , da privatissimo cittadino imprenditore, proprio nel momento in cui la politica discute se trasformare TeAm in una società in house, completamente a controllo pubblico.
Non le sembra una scelta fuori tempo massimo?
«Affatto. L’idea della società tutta pubblica del sindaco Gianguido D’Alberto è rispettabilissima, ma frutto di una promessa elettorale in un momento di grande incertezza per la società di via Delfico. La mia idea è alternativa, in continuità con ciò che a lungo è stata la TeAm, società mista ad indirizzo pubblico ma a gestione privata. Sono convinto che il sindaco di Teramo avrà modo di valutare ed apprezzare la proposta come l’unica via possibile di salvataggio, con reciproco beneficio, per le casse del Comune e per il privato».
La notizia di un privato interessato alla TeAm, come accade spesso in città, ha scatenato scettici a prescindere, “espertoni”, invidiosi e dietrologi politici. Come intende convincerli?
«Innanzitutto “dietro” la mia offerta non c’è alcun legame con la politica e nessun progetto politico. Non vorrei che alla gente venissero strane idee a proposito. Chi mi conosce sa che sono un ingegnere elettronico con trent’anni di attività imprenditoriale sulle spalle, uno che il successo se l’è sudato passo dopo passo. Dopo aver fondato la società Infomobility a Sant’Atto, e averla fatta crescere da 23 a 90 dipendenti in pochi anni, ho avuto la fortuna di venderla ad un investitore inglese di private Equity con un certo realizzo».
Bene, ci pare di capire che di capitali da investire lei ne abbia. Ma come mai proprio nel settore dei rifiuti, posto che si è sempre occupato di elettronica? E perché proprio a Teramo?
«Tra i vari investimenti che ho in programma da qui al 2019, in Italia e all’estero, ho deciso di puntare una parte dei guadagni sul mio territorio. Teramo è stata ed è la mia forza di proiezione sui mercati internazionali. È ovvio che non sono un sprovveduto, tanto meno un benefattore. Innanzitutto avvalendomi della consulenza di legali ed esperti locali e nazionali, poso dire che la TeAm rappresenti una sfida imprenditoriale. E poi il settore in cui sono esperto, quello dell’innovazione tecnologica, ha delle grandi continuità con una società che si occupa di igiene ambientale. Penso alla gestione della flotta mezzi, ai sistemi integrati di controllo della raccolta dei rifiuti, alla rete necessaria per un’organizzazione complessa come TeAm. Sono tutte esperienze imprenditoriali in cui ho già avuto modo di mettermi alla prova, come fornitore di tecnologie, per conto di grandi aziende di igiene ambientale del Nord Italia».
A Teramo c’è chi ritiene che la TeAm vada chiusa e i dipendenti mandati a casa; che il Comune paghi un costo spropositato per la raccolta dei rifiuti; che sia necessaria una nuova gara per affidare il servizio ad una società privata. Come si conciliano questi aspetti con la sua idea?
«Se la sfida è ardua m’interessa ancora di più. Mettiamola così: ritengo che al netto della situazione attuale della TeAm, che conosco solo sommariamente, del contesto istituzionale e del quadro normativo prossimo venturo, in via Delfico ci siano dei buoni margini per risollevare la società e tornare a macinare utili. Al Comune di Teramo propongo una soluzione: lasciatemi “buttare i miei soldi” in una sfida ad alto rischio ma con margini di successo. Vedrete che in un determinato lasso di tempo Comune e privato ne trarranno vantaggi reciproci. Se non dovesse andare, al massimo, la situazione tornerebbe la stessa di oggi. Nulla più, nulla meno».
E sul fronte dipendenti, ritenuti “troppi” in TeAm?
«In tutta la mia attività imprenditoriale non ho mai licenziato un dipendente. A testimoniarlo c’è la mia storia. Semmai nei momenti di difficoltà sono stato io, con la mia famiglia, a stringere la cinghia. È ovvio che la società vada rilanciata con le commesse, generando valore per tutti, dipendenti extra compresi»
Come ritiene di poter essere utile a TeAm, alla comunità teramana e naturalmente a se stesso?
«Il settore ha delle potenzialità: l’igiene urbana è un importante servizio alla comunità, necessario, imprescindibile. In questi giorni ho letto sui giornali che si discute del debito del Comune nei confronti della TeAm. È quel debito che paralizza la società in termini operativi. Al Comune dico: lasciatemi ristrutturare quel debito, possiamo spalmarlo su più anni, e grazie all’iniezione di fondi privati torniamo ad investire su mezzi, personale, tecnologia e organizzazione. È ovvio che una società mista con un nuovo socio privato che investe di suo, oggi sul mercato finanziario abbia più credibilità per reperire risorse e strumenti».
Crede che la sua idea sia in antitesi con quella del sindaco?
«No, non credo. Credo che la soluzione “all in house” non sia l’unica salvezza possibile per TeAm, ma sia stata invece l’unica soluzione possibile in un determinato momento. Il sindaco D’Alberto mi pare persona intelligente ed aperta alla valutazione della migliore alternativa. In fondo si tratta di tornare a fare ciò che la società ha sempre fatto: igiene urbana ed ambientale, con il Comune che fissa gli indirizzi e il costo massimo del servizio e il socio privato che ha il compito della corretta gestione e dell’efficientamento. L’obiettivo comune di pubblico e privato è il risultato, il valore aggiunto, non il profitto».
Entro quanto tempo potrebbe “quagliare” la sua offerta?
«Ritengo almeno qualche mese. Mi sono dato almeno tutto il 2019 per scegliere se e dove investire sul mio territorio. Al momento non c’è un orizzonte certo: l’offerta andrà sottoposta al comitato dei creditori e al gradimento del Tribunale di Venezia. È ovvio che al momento di piano industriale e di strategie non se ne parla».
In che senso?
«Prima vorrei avere la certezza di diventare socio. Per la TeAm ho già investito denaro in consulenze e pianificazione… Sarò anche un pazzo». Ma certamente non un fesso.